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UniCredit e RegiosS presentano il Focus sull’economia delle regioni italiane

UniCredit-RegiosSStimolare la discussione sulla competitività delle regioni italiane, individuando i fattori chiave di crescita, gli elementi di criticità e gli ambiti di miglioramento delle economie territoriali. E’ con questo obiettivo che oggi sono state presentate le analisi svolte dall’Associazione RegiosS, dall’Ufficio Territorial & Sectorial Intelligence di UniCredit e dalla Banca d’Italia – sede di Bologna.
Il Salone dei Carracci di Palazzo Magnani, sede di UniCredit, ha ospitato infatti la sesta edizione del Workshop “Le regioni italiane: ciclo economico e dati strutturali”, quest’anno focalizzato sul tema “I fattori di competitività territoriale” e realizzato grazie alla sinergia tra l’Associazione RegiosS (fondata da un gruppo di ricercatori e studiosi di economie regionali appartenenti a diversi Atenei e istituzioni di ricerca) e UniCredit, in collaborazione con la Banca d’Italia.
Patrocinato dal Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università degli Studi di Bologna, il workshop è stato aperto da Luca Lorenzi, Deputy Regional Manager Centro Nord UniCredit ed è proseguito con la presentazione dei contributi di ricerca sulle economie territoriali da parte di Cristina Brasili, Presidente dell’Associazione RegiosS e Docente dell’Università di Bologna; Riccardo Masoero, Responsabile dell’Ufficio Territorial & Sectorial Intelligence di UniCredit; e di Marcello Pagnini della Banca d’Italia, dirigente ed economista senior della sede di Bologna

La seconda parte del workshop sulle economie regionali è stata animata dalla tavola rotonda sul tema “Quali sono i fattori della competitività dei territori?”, alla quale hanno preso parte Gianfranco Viesti, Docente di Politica Economica all’Università di Bari; Silvano Bertini, Responsabile Politiche di Sviluppo economico, Ricerca industriale e Innovazione tecnologica Regione Emilia Romagna; Vera Negri Zamagni, Docente dell’Università di Bologna; Francesco Trimarchi, Direttore della sede di Bologna di Banca d’Italia; e Giampiero Bergami, Regional Manager Centro Nord UniCredit.

“Presentando il Focus sull’economia delle regioni italiane – spiega Giampiero Bergami, Regional Manager Centro Nord UniCredit – intendiamo offrire un concreto contributo a favore delle realtà locali italiane, mettendone in evidenza specifiche dinamiche al fine di incrementare la conoscenza dei punti critici e la consapevolezza del potenziale di crescita. Il workshop RegiosS – che giunge così alla sua sesta edizione – vuole essere un importante momento di confronto e di riflessione che si rivolge in primo luogo agli interlocutori istituzionali con l’obiettivo di stimolarne l’attenzione e di fornire un servizio costruttivo finalizzato allo sviluppo del territorio”.

Le ricerche in sintesi:
L’obiettivo del contributo di RegiosS, in questo sesto Workshop, è di volgere lo sguardo all’Unione Europea e di focalizzare l’attenzione alla relazione del capitale territoriale con i tassi di crescita del Pil delle regioni europee negli anni dal 2000 al 2011. Già nel contributo di RegiosS del 2012, “Gli indicatori per la misura del capitale territoriale” era stato affrontato il tema della misurazione delle dimensioni del capitale territoriale, solo, per le regioni italiane in due diversi anni il 2003, pre-crisi, e per il 2009, anno in cui la crisi cominciava a manifestare i sue effetti più rilevanti. L’importanza della dotazione del capitale territoriale come fattore fondamentale per lo sviluppo è oramai ampiamente condiviso tra gli studiosi. Alcuni studi, in particolare, evidenziano come i sentieri di crescita delle regioni siano estremamente differenziati e vadano ad incidere sui diversi livelli di sviluppo delle regioni stesse. In questa analisi, assumono importanza anche il ruolo e l’impatto della qualità istituzionale e della spesa per la Politica di Coesione nel percorso di crescita delle regioni europee come è stato già evidenziato nel lavoro pionieristico di Andres Rodriguez-Pose e José Enrique Garcilazo (2012), “Quality of government and the returns of cohesion expenditure in the European Union” e nel contributo di RegiosS (del 2013) La Politica di Coesione e la qualità istituzionale nelle regioni, (2013).
Le analisi sul ciclo di attività economica regionale, condotte trimestralmente dall’Associazione RegiosS, evidenziano nell’ultimo trimestre del 2013 che l’indicatore di attività economica dell’Emilia-Romagna è rimasto pressoché stazionario registrando valori prossimi allo zero, -0,2% nel mese di dicembre. Risulta in crescita il ritmo degli scambi con l’estero, e nel quarto trimestre del 2013 sono aumentate le esportazioni, +4,4%, e le importazioni, +4,3%. Il surplus della bilancia commerciale si è attestato a quasi 5.700 milioni di euro, pari al 44% delle esportazioni del trimestre.
Dal mercato del lavoro continuano a pervenire, nel quarto trimestre del 2013, segnali di criticità. E’ notevolmente diminuito il numero degli occupati, -1,7% su base annua (oltre 34mila unità). Tale riduzione ha interessato il settore agricolo (-16,2%, pari a 12.134 unità) e, soprattutto in valore assoluto, quello dei servizi (-2,5%, pari a oltre 31.900 unità). Giunge poi un debole segnale positivo: si inverte il trend negativo nel settore industriale e gli addetti aumentano, +1,6% anno su anno (oltre 10 mila unità). Nello stesso periodo si sono ridotti il tasso di attività (-0,5%) e, in misura maggiore, quello di occupazione (-1,3%), ed è aumentato considerevolmente il tasso di disoccupazione (1,1%).
La dinamica delle imprese mostra, sempre nel quarto trimestre del 2014, una contenuta riduzione del numero di quelle attive, -0,6 % su base annua, a cui si è accompagnato un aumento delle nuove iscritte (+2,8%) e delle cessate (+2,5%). Il saldo tra iscrizioni e cessazioni, in rapporto alle imprese attive, è stato negativo, -0,4%, esattamente come l’anno precedente.

La ricerca presentata dall’Ufficio Territorial & Sectorial Intelligence di UniCredit, punta l’attenzione sulla competitività dei territori in un periodo di particolare debolezza dell’economia nazionale, gli anni 2007-2012.
Partendo dai dati di bilancio di quasi 320mila imprese per l’intero periodo considerato, l’analisi studia la dinamica delle singole regioni, distinguendo le aziende in due gruppi: PMI (quelle con fatturato annuo compreso tra mezzo milione e 250 milioni di euro) e grandi imprese (quelle con fatturato annuo superiore ai 250 milioni di euro).
Dallo studio emerge un quadro in cui è la dimensione di impresa la principale discriminante nella competitività delle regioni italiane: dove le imprese sono più grandi, più strutturate, là si osserva crescita dei fatturati, miglioramento della solvibilità e maggiore tenuta dei nuovi investimenti.
Anche l’Emilia Romagna non si discosta molto da questo percorso: le PMI della regione presentano una variazione del fatturato tra inizio e fine periodo inferiore alla media italiana e negativa, mentre le grandi imprese possono vantare un forte aumento dei ricavi netti. Analogamente, in termini di solidità le imprese minori mostrano un indebolimento, pur mantenendo un rating ponderato medio nella categoria migliore. Non così le imprese di dimensioni maggiori, che pur in un periodo tanto difficile, registrano un lieve miglioramento. Occorre tuttavia segnalare che in regione, mentre cala tra il 2007 e il 2012 la quota di grandi imprese che presentano un buon rating, cresce la quota di PMI che possono essere considerate solide, a conferma che sul territorio è rimasta la parte più sana del tessuto produttivo. La dicotomia PMI e grandi imprese risulta confermata infine per i nuovi investimenti: in media le prime sono state interessate da una sostanziale diminuzione dei nuovi investimenti tra il 2008 (anno di massimo incremento a livello nazionale) e il 2012, pur con una contrazione inferiore al calo osservato in Italia, mentre tra le grandi il decremento è stato decisamente più contenuto.

Uno dei fattori fondamentali che determina la competitività di un territorio – secondo l’analisi condotta da Marcello Pagnini – è espresso dalla produttività delle imprese che sono localizzate al suo interno. Lo studio presentato, condotto su un campione di quasi 40.000 imprese manifatturiere italiane osservate nel periodo dal 1995 al 2012, conferma i risultati di precedenti lavori sull’argomento, estendendoli tuttavia ad un campione di imprese più ampio e che include anche gli anni della recente crisi economico-finanziaria. A parità di caratteristiche strutturali, si conferma che le imprese localizzate nelle aree urbane presentano un vantaggio di produttività totale dei fattori tra l’8 e il 10% rispetto a quelle di aree ove non vi è un’elevata concentrazione di attività economica. Anche le imprese nei distretti industriali mostrano vantaggi di produttività rispetto a queste ultime di un ordine di grandezza inferiore tuttavia rispetto a quello delle aree urbane. In più, mentre il vantaggio di produttività delle aree urbane rimane immutato quello per le imprese dei distretti industriali tende ad affievolirsi sia nel periodo 2001-2006 e sia in quello tra il 2007 e il 2012, caratterizzato dal dispiegarsi degli effetti della crisi apertasi con il dissesto della Lehman Brothers.
Il lavoro conferma l’esistenza di un ampio divario di produttività a sfavore delle imprese meridionali (dell’ordine del 20%). Vi sarebbe tuttavia qualche timido segnale di un modesto ridimensionamento di questo differenziale durante il periodo della crisi. In definitiva sembrerebbe che gli ambienti urbani riescano quanto meno a preservare i loro vantaggi competitivi nell’era della globalizzazione e nella recente crisi economico-finanziaria.

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