Saper individuare correttamente la malattia e i modi per curarla al meglio: nell’ambito delle malattie che riguardano le valvole cardiache questo processo è quanto mai importante, vista la varietà di disturbi della funzione valvolare e degli interventi cardiochirurgici correttivi, oltre al fatto che, in molti casi, è necessario agire tempestivamente. Per questo motivo è nato, dalla collaborazione tra la Unità Operativa della Cardiochirurgia dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola Malpighi, e Edwards Lifesciences, il corso sulle malattie delle valvole cardiache “Valvulopatie cardiache: stato dell’arte e prospettive future in cardiologia e cardiochirurgia”, un progetto formativo per i cardiologi, medici di base, anestesisti e cardiochirurghi del territorio volto ad attuare correttamente i percorsi diagnostico-terapeutici più efficaci per le diverse malattie valvolari. Il corso si apre domani con un incontro che mette a confronto cardiologi e cardiochirurghi sulle modalità di intervento per le malattie della valvola aortica, con particolare riferimento alla stenosi aortica, una delle più diffuse e temibili. Seguiranno due incontri dedicati rispettivamente a valvola mitralica e valvola tricuspidale e fibrillazione atriale.
“La stenosi aortica è un restringimento provocato da depositi di calcio a livello della valvola del cuore che regola la quantità di sangue ossigenato che fluisce dal ventricolo sinistro all’aorta e da lì raggiunge i vari organi del corpo umano” spiega Roberto Di Bartolomeo, Direttore UO di Cardiochirurgia del Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna e Direttore del corso. “La stenosi aortica è la malattia delle valvole più frequente oltre i 75 anni ed è a prognosi infausta nella sua forma più severa”. Secondo le stime più recenti, il 4,6% della popolazione oltre i 75 anni, circa 25.000 persone in Emilia-Romagna, soffre di stenosi aortica severa, un quinto delle quali – circa 5.000 – è colpita dalla forma definita severa e sintomatica, destinata in un caso su due a prognosi infausta nel giro di 2-3 anni di anni, se non opportunamente trattata. “Nonostante la gravità, questa è una malattia per lo più sottovalutata e non trattata con appropriatezza, se si considera, ad esempio, che circa il 30% di questi malati non sono inviati alle cure più adeguate e non sempre quelli che vengono curati lo sono secondo i dettami delle linee guida internazionali” prosegue Di Bartolomeo.
Secondo i dati di una ricerca condotta l’anno scorso dall’istituto di ricerca britannico Opinion Matters, su incarico di Edwards Lifesciences, su un campione rappresentativo della popolazione italiana over 60, per valutare la conoscenza delle malattie delle valvole cardiache, è emerso che a Bologna e in Emilia-Romagna solo il 7,7% delle persone è preoccupata per le malattie legate alle valvole cardiache; i tumori (24,6%) e il morbo di alzheimer (20%) sono le malattie che spaventano di più. La ricerca ha confermato la scarsa conoscenza della stenosi valvolare aortica. Infatti, mentre il 55% degli emiliano-romagnoli dichiara che il tumore al polmone sia tra le malattie con minor possibilità di sopravvivenza, solo l’1,5% di essi riconosce, a ragione, che la stenosi aortica abbia un altissimo rischio di mortalità.
“Le malattie che interessano le valvole cardiache sono, è vero, potenzialmente mortali, ma se diagnosticate e adeguatamente trattate per tempo, possono essere curate, restituendo al paziente, in molti casi, un’aspettativa di vita sovrapponibile a quella della popolazione generale”, dichiara il Dott. Marco Di Eusanio, UO di Cardiochirurgia del Policlinico S. Orsola Malpighi di Bologna, Responsabile scientifico del corso, che prosegue ricordando come i risultati della chirurgia valvolare aortica siano incredibilmente migliorati nell’ultimo decennio a fronte di un popolazione di pazienti sempre più anziana e gravata da frequenti patologie extra-cardiache associate. “Dal primo intervento di sostituzione valvolare aortica eseguito da Albert Starr nel 1960, la chirurgia valvolare ha compiuto grandi progressi, come dimostrato dall’introduzione di tecniche mini-invasive o dallo sviluppo di protesi valvolari sempre più sofisticate che, in casi selezionati, possono essere impiantate per via percutanea con tecniche trans-catetere” aggiunge.
“L’innovazione è stata la caratteristica fondamentale della cardiochirurgia fin dal suo esordio. Le nuove tecnologie, infatti, permettono in molti casi di intervenire senza ricorrere alla tradizionale sternotomia, ovvero l’apertura del torace attraverso lo sterno, e consentono la sostituzione della valvola con approcci minimamente invasivi”, prosegue Di Bartolomeo. “Le protesi valvolari ‘biologiche’, ossia costituite da tessuto biologico di origine animale, e meccaniche, possono oggi essere impiantate con una piccola incisione attraverso la parte superiore dello sterno – mini-sternotomia – o con una incisione nella parte destra del torace – mini-toracotomia. Il vantaggio non è solo estetico, ma soprattutto funzionale in quanto consente un più rapido recupero del paziente”, aggiunge.
Parlando proprio di tecniche mini-invasive, una novità è costituita dal nuovo modello di un’innovativa valvola aortica a impianto rapido, la valvola INTUITY Elite di Edwards, studiata proprio per gli interventi di questo tipo. “Questa nuova protesi valvolare, impiantata per la prima volta nel nostro centro all’inizio di agosto, offre vantaggi significativi per il paziente: l’impianto è più facile, più rapido, e può essere eseguito agevolmente con le tecniche mini-invasive”, spiega Di Bartolomeo.
“Ogni anno in Italia migliaia di pazienti vengono sottoposti ad un intervento di sostituzione valvolare aortica che insieme all’intervento di bypass aorto-coronarico rappresenta la procedura più comune in cardiochirurgia” conclude.