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“La scuola cambi e diventi più orientata al lavoro”. L’appello di Lapam sulla base dei dati

studenti_04Tra i 15 e i 24 anni due studenti italiani su 100 studiano e lavorano allo stesso tempo. La percentuale sale al 5,4% in Spagna, cresce al 13,1% in Francia, si impenna al 20,7% nel Regno Unito ed esplode al 26,4% in Germania. Il dato italiano è inoltre di gran lunga inferiore al 14,1% della media Ue 28. “Proprio mentre il Parlamento ha varato la riforma della scuola escono questi dati che confermano quello che diciamo da tempo: la scarsa integrazione tra scuola e lavoro rappresenta una specifica criticità per la formazione tecnica e professionale data la relativa importanza nella domanda di lavoro delle imprese”. Erio Luigi Munari, presidente Lapam Confartigianato Modena-Reggio Emilia, commenta così i dati, per certi versi clamorosi, forniti dall’ufficio studi nazionale dell’associazione.

“Quando parliamo di integrazione scuola-lavoro e di formazione duale – prosegue Munari – intendiamo proprio mettere a nudo le carenze del sistema italiano, dove sono ancora troppo rarefatte le occasioni di contatto con il mondo del lavoro durante il periodo scolastico. Questo evidenzia il divario tra percorsi di apprendimento e competenze richieste dalle imprese e rende più difficile l’ingresso sul mercato del lavoro. Con questo tipo di formazione il giovane si arricchirebbe del “saper fare” e si renderebbe conto di come ci si deve muovere in un libero mercato, considerando le opportunità che potrebbe avere”. I dati nazionali di Lapam Confartigianato evidenziano che la quota di domanda di lavoro rivolta giovani in possesso di diploma e di qualifica professionale è maggioritaria, arrivando nel 2014 al 56,1% del totale, con 399.900 unità sul totale di 613.400 assunzioni programmate dalle imprese; nel 2014 la dinamica delle assunzioni di diplomati (+6,9%) è più alta di quella dei laureati (+3,9%). La domanda di diplomati più elevata proviene dalle piccole imprese che nel 2014 pesano per il 37% degli assunti con diploma, seguite a distanza dalle grandi imprese con il 27%.

La seconda economia manifatturiera in Europa assume un ruolo specifico la formazione orientata alla tecnologia: i diplomi più richiesti dalle imprese italiane sono, infatti, quelli di tipo tecnico-industriale, con 56.000 assunzioni programmate (il 22% del totale), tra cui prevale l’indirizzo meccanico che registra 20.200 assunzioni; a seguire l’indirizzo elettrotecnico (7.000 assunzioni), agrario-alimentare (4.400) ed elettronico (4.200). Il secondo gruppo di indirizzi sono quelli terziari, con 49.800 assunzioni, corrispondenti al 19,5% del totale dei diplomati, tra cui quello turistico-alberghiero, con (41.400) assunzioni, anche grazie all’elevato flusso di assunzioni stagionali in questo settore, e quello socio-sanitario (8.400). La richiesta di diplomati di indirizzo amministrativo-commerciale è pari a 48.300 assunzioni, il 18,9% del totale.

“Basta guardare quali sono le attuali offerte di lavoro, nonostante la crisi prolungata, e quali sono i profili più richiesti dal mercato del lavoro di Modena e Reggio Emilia per capire che l’orientamento verso un percorso di studi tecnico-scientifico, dopo le scuole medie, può rappresentare una forte e ragionevole tutela nei confronti del fenomeno della disoccupazione giovanile – conclude Munari -. Non fare questo ragionamento al momento giusto significa spostare il problema ai 18/19 anni e, spesso, competere per opportunità molto più limitate numericamente. Questo discorso dovrebbe essere rivolto chiaramente in particolare alle giovani studentesse, relativamente all’informatica, all’elettronica, ma anche alla stessa meccanica. Ormai le tecnologie sono pervasive, non solo nel lavoro ma anche nella vita. E la ricerca, l’innovazione e gli investimenti tecnologici delle imprese dei nostri territori hanno bisogno delle intelligenze di tutti”.

 

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