La circolarità del fashion nel distretto di Carpi: sintesi della sperimentazione condotta da ART-ER



Una sperimentazione per misurare e stimolare la circolarità di un campione di aziende del distretto tessile e dell’abbigliamento di Carpi. È stata condotta da ART-ER in collaborazione con Ergo Srl, spin off dell’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, nel solco del Tavolo regionale permanente del settore moda attivato dalla Regione Emilia-Romagna e in cui sono riunite istituzioni, imprese e mondo della ricerca.

L’esperienza di misurazione ha dimostrato una chiara intenzione delle aziende a sperimentare approcci produttivi innovativi, che tengano in considerazione anche i principi espressi dalla Strategia dell’Unione Europea per i prodotti tessili circolari e sostenibili. In particolare, attraverso l’impiego di imballaggi riciclabili, la riduzione dei consumi energetici, l’ottimizzazione dei processi produttivi ai fini della riduzione degli scarti di materia e la diffusione di servizi di riparazione.

I risultati dell’analisi sono stati presentati nel corso dell’evento “La circolarità del fashion, Opportunità per uno sviluppo e una crescita disponibile”, promosso da Carpi Fashion System che si è svolto questa mattina a Palazzo dei Pio a Carpi.

Lo strumento di misurazione utilizzato, che è stato customizzato sul comparto carpigiano e testato su 10 imprese, è denominato Circol Up Tool ed è stato sviluppato insieme al Laboratorio Green dell’Università Bocconi di Milano, di cui ART-ER è membro. Il tool analizza il grado di circolarità di un’impresa sulla base delle fasi relative al ciclo di vita di un prodotto: approvvigionamento, design/imballaggi, produzione, distribuzione, utilizzo del prodotto, gestione dei rifiuti.

L’obiettivo dell’analisi è stato quello di valutare la circolarità delle imprese e individuare possibili miglioramenti per minimizzare lo spreco di risorse e valorizzare gli scarti generati dai processi e dai prodotti offerti al mercato. Lo strumento aiuta infatti a valutare le prestazione ma anche i margini di miglioramento, attraverso un indicatore complessivo, il cosiddetto “circularity index”, e un sistema a bersaglio che identifica le aree in cui l’azienda ha le performance migliori e quelle in cui può investire con maggiore efficienza ed efficacia.

Alcuni risultati

L’approvvigionamento rappresenta la fase con la performance mediamente più bassa (performance media 38%). Ciò è legato, spesso, al modesto potere di controllo che le aziende coinvolte esercitano sui propri fornitori, data la loro natura prevalente di contoterziste. Ancora limitata risulta, inoltre, l’implementazione di sistemi di tracciabilità del prodotto lungo la filiera produttiva, mettendo in luce uno degli aspetti più rilevanti su cui il distretto potrebbe migliorare, soprattutto attraverso un approccio di collaborazione interaziendale. La fase di design ha avuto una performance media del 49%. In particolare, risulta che le aziende intervistate progettino la gran parte dei prodotti al fine di massimizzare la durabilità e la riparabilità del prodotto (indicatore più alto con il 68%)

La fase di design registra mediamente performance positive anche rispetto alla scelta di imballaggi “circolari” per i prodotti e rispetto alla considerazione in fase di progettazione della distribuzione (sebbene questo indicatore sia stato giudicato “non applicabile” per la metà delle aziende) e dei materiali in ingresso.

Al contrario, le aziende durante la fase di progettazione tengono ancora scarsamente in considerazione i criteri dell’eco-design in merito alla gestione del fine vita del prodotto, problematica in particolare se in presenza di filato di natura mista non riciclabile

La fase di produzione ha una performance media del 50%. In particolare, risulta che le aziende intervistate implementino azioni di efficientamento del processo produttivo per la quasi totalità delle loro linee produttive (indicatore più alto con l’83%). Principalmente tali azioni sono rappresentate dall’acquisto di macchinari e strumentazioni di ultima generazione che garantiscono non solo un prodotto di qualità elevata, ma anche la riduzione degli scarti di tessuto.

IL DISTRETTO

Il distretto di Carpi comprende i comuni di Carpi, Cavezzo, Concordia, Novi e S. Possidonio e si caratterizza per un’elevata specializzazione nel settore manifatturiero della moda. Il distretto, infatti, con il suo 44% di addetti manifatturieri impiegati nel settore tessile e dell’abbigliamento nel 2019, presenta una percentuale molto superiore rispetto alla media nazionale e regionale, che si attesta rispettivamente al 12,2% e 6,8%, secondo quanto riportato dal 13° Report dell’Osservatorio del settore tessile abbigliamento nel distretto di Carpi.

Il distretto è storicamente caratterizzato da una componente maggioritaria di imprese di micro o piccole dimensioni, mentre solo una quota minoritaria è rappresentata da imprese con più di 50 dipendenti. Le 10 imprese che hanno partecipato al progetto di misurazione differiscono per dimensioni aziendali, struttura e tipologia di lavorazione. Tutte le aziende, tranne una che svolge solo lavorazioni in conto proprio, svolgono lavorazioni conto terzi, di cui 3 organizzazioni gestiscono anche un proprio brand. Il risultato ha mostrato un buon livello di consapevolezza sulla funzione dell’economia circolare per migliorare le performance ambientali ed incrementare la competitività del distretto, nonché un marcato interesse nei confronti degli strumenti digitali e delle innovazioni di settore per migliorare l’efficientamento del processo produttivo e ridurre gli impatti ambientali dell’impresa, come già evidenziato dal 13° Report dell’Osservatorio del settore tessile abbigliamento nel distretto di Carpi ed in linea con le tendenze del settore a livello europeo.

Risulta evidente dall’analisi del contesto che le imprese del distretto sono chiamate, sia per le esigenze espresse dal mercato sia per le istanze che provengono dalle policy ambientali a livello comunitario e nazionale, ad indirizzare i loro sforzi verso un approccio più sostenibile. Naturalmente, le aziende incontrano una certa difficoltà a rispondere alle diverse necessità del settore: il miglioramento delle performance di circolarità fronteggia abitualmente barriere di natura economica, normativa e legate ad aspetti “culturali”. Inoltre, un tema rilevante, soprattutto per le imprese di dimensioni inferiori, riguarda la necessità di adeguarsi alle richieste del committente, avendo in questo modo uno scarso margine di discrezionalità nelle scelte che determinano gli impatti dei prodotti lungo le diverse fasi del ciclo di vita.

Oltre alla scelta di intraprendere approcci innovativi come l’utilizzo di imballaggi circolari o la riduzione dei consumi energetici, tanti sono, anche, i margini per disegnare strategie migliorative che puntino su azioni di breve/medio termine o che, specie in chiave di collaborazione su scala distrettuale, possano ambire a impatti sostanziali sulla circolarità delle aziende e del distretto. Nel corso del progetto sono stati forniti alcuni spunti che possono servire da stimolo per intraprendere una riflessione condivisa in seno al più ampio numero possibile di aziende.

Secondo lo studio, la circolarità delle imprese può essere favorita da tre fattori:

  • l’essere inserite in un distretto, caratteristica che può agevolare lo sviluppo di azioni secondo logiche comuni ed attivare economie di scale nella messa in atto di percorsi di miglioramento;
  • la disponibilità di Enti terzi (in questo caso ARTER), che favoriscano una compilazione assistita dello strumento;
  • le opportunità di finanziamento che la Regione Emilia-Romagna mette a disposizione attraverso una serie di bandi, volti a supportare l’innovazione della filiera (bando PR FESR 2021- 2027 per Progetti di ricerca e sviluppo sperimentale), di sostegno allo sviluppo di comunità energetiche rinnovabili (bando PR FESR 2021-2027 – Comunità Energetiche Rinnovabili), o per promuovere l’economia circolare.