Disabilità e Progetto di vita: una nuova stagione di diritti. Il convegno “Ben Altro son Io” a Carpi



Abitare, amare, lavorare, scegliere: parole che raccontano la vita di ciascuno, ma che per troppo tempo sono state negate o ridotte quando si parlava di disabilità. Ora, grazie a una riforma epocale, tutto questo cambia. Se ne parlerà a Carpi nel convegno “BEN ALTRO SON IO. Il progetto di vita per le persone con disabilità: una nuova legge, una nuova visione”, in programma il 10 maggio alle 10:00 presso l’Auditorium San Rocco.

Tre voci esperte guideranno il confronto: Roberto Franchini, pedagogista e docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Tamara Calzolari, assessora alle Politiche Sociali del Comune di Carpi e Sergio Zini, presidente della Cooperativa Sociale Nazareno. Sono previsti interventi e testimonianze di esponenti del Terzo Settore.

Al cuore della nuova legge c’è il Progetto di Vita, un piano personalizzato e partecipato che accompagna la persona con disabilità in ogni ambito della propria esistenza. Non più percorsi imposti, non più attese tra enti separati, ma un coordinamento reale tra servizi e attori del territorio. Con un’unica bussola: i desideri e le aspirazioni individuali.

Oltre 7,6 milioni di italiani con disabilità e più di 8,5 milioni di caregiver sono coinvolti da una rivoluzione che mette al centro i diritti umani, la dignità e l’autodeterminazione.

Il convegno è un momento importante per operatori, famiglie, cittadini perché cambiare sguardo sulla disabilità significa costruire una società per tutti.

 

INTERVISTA A SERGIO ZINI, PRESIDENTE DELLA COOPERATIVA SOCIALE NAZARENO

Il convegno “Ben altro son io” si confronta con una delle riforme più significative degli ultimi anni: quella che, attraverso la Legge Delega 227/2021 e i decreti attuativi del 2024, ridefinisce il modo in cui il nostro Paese guarda alla disabilità. Non più un approccio assistenzialista, ma una visione fondata sull’autodeterminazione, sull’inclusione reale e sul riconoscimento dei desideri e dei diritti individuali.  Ne parliamo con Sergio Zini, ideatore del convegno.

  1. In che senso questa riforma rappresenta un cambio culturale, oltre che normativo, nel modo di guardare alla disabilità?
  2. “Finalmente si comincia a cambiare prospettiva. Non si parla più solo di “aiutare” la persona con disabilità, ma di riconoscerla come cittadino a tutti gli effetti, con i suoi desideri, le sue competenze, le sue scelte. È un cambio di mentalità: non è più la persona che deve adattarsi al sistema, ma è il sistema che deve adattarsi alla persona. È questo che rende la riforma così importante: ci chiede di ripensare il nostro modo di stare insieme come società.”

Al centro di questa rivoluzione culturale e normativa c’è il Progetto di Vita, uno strumento personalizzato che considera ogni ambito dell’esistenza — la casa, il lavoro, le relazioni — e punta a superare la frammentazione dei servizi. D. Come cambia il concetto di “progetto di vita” con la nuova legge rispetto alle normative precedenti?

  1. “Prima si parlava di servizi, interventi… spesso scollegati tra loro. Ora si parla di vita, di una visione d’insieme che parte da chi sei e da cosa vuoi fare. Il Progetto di Vita non è più solo un documento, ma un percorso fatto su misura. Vuol dire pensare insieme dove vuoi abitare, che lavoro ti piacerebbe fare, che tipo di relazioni vuoi costruire. È un modo per dire: Tu sei al centro. E noi siamo qui per camminare con te, non per decidere al posto tuo.”
  1. Quali sono gli elementi fondamentali per garantire i diritti della persona e promuovere realmente autonomia e inclusione?
  2. “Ascolto, continuità e comunità. L’ascolto vero, quello che parte dalla persona e non dalle risposte già pronte. La continuità perché non si può vivere a “progetti a scadenza”: serve un accompagnamento stabile nel tempo. E la comunità perché nessuno può farcela da solo. Famiglia, operatori, vicini di casa, istituzioni… tutti dobbiamo sentirci parte di questo cambiamento. È l’unico modo per rendere l’inclusione qualcosa di concreto, non solo di bello da dire.”

Una trasformazione che riguarda da vicino oltre 7,6 milioni di persone con disabilità in Italia (dati relativi ai percettori di pensioni o indennità di invalidità), ma anche oltre 8,5 milioni di caregiver che, spesso in silenzio, li affiancano ogni giorno. Famiglie, operatori, enti, istituzioni: tutti sono chiamati a ripensare insieme un nuovo modo di costruire percorsi di vita piena, partecipata e dignitosa. D. Cosa significa secondo lei, in questa nuova cornice normativa, garantire il diritto al lavoro, all’abitazione e alla socialità ad una persona con disabilità?

  1. “Significa partire dall’idea che queste cose non sono un “di più”, ma un diritto. Il lavoro, una casa dove sentirsi a proprio agio, la possibilità di uscire, avere amici, innamorarsi… sono cose che rendono la vita vera. Garantirle vuol dire creare le condizioni perché ogni persona possa costruirsi il proprio futuro, senza dover chiedere il permesso ogni volta. È un cambio radicale che ci chiede anche di investire in servizi, in formazione, ma soprattutto in relazioni vere.”

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