Quando lo scorso 10 febbraio il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha firmato l’ordine esecutivo di sospensione dell’applicazione del Foreign Corrupt Practice Act (FCPA), le imprese precedentemente coinvolte in casi di corruzione all’estero hanno guadagnato nel complesso circa 39 miliardi di dollari. In media, quel giorno, ogni singola impresa che era stata oggetto di indagini o sanzioni relative al FCPA ha aumentato la propria capitalizzazione di 160 milioni di dollari. Un mese più tardi, il guadagno medio per singola impresa era salito a circa 6,5 miliardi di dollari.
I dati arrivano da un’indagine pubblicata sulla rivista International Organization e firmata da Lucio Picci (Università di Bologna), Edmund J. Malesky (Duke University) e Lorenzo Crippa (University of Strathclyde). Utilizzando metodi sofisticati di analisi statistica, gli studiosi hanno considerato le valutazioni di mercato delle aziende prima e dopo la sospensione del Foreign Corrupt Practice Act. L’obiettivo era capire come questa scelta dell’amministrazione USA abbia influito sul comportamento degli investitori.
“La reazione degli investitori suggerisce che il principale disincentivo alla corruzione sia il rischio di sanzioni legali: una volta rimossa questa minaccia, le imprese già note per i loro comportamenti a rischio nel campo della corruzione sono state percepite come più redditizie”, dice Lucio Picci, professore al Dipartimento di Scienze Economiche dell’Università di Bologna. “Gli Stati Uniti hanno avuto negli ultimi decenni un ruolo fondamentale nel contrastare le pratiche di corruzione a livello internazionale: questo drastico cambio di rotta potrebbe ora avere gravi conseguenze per il futuro delle istituzioni globali anticorruzione”.
Con l’entrata in vigore del Foreign Corrupt Practice Act, nel 1977, gli Stati Uniti furono il primo paese al mondo a dotarsi di una legge pensata per prevenire i fenomeni di corruzione internazionale: il testo stabilisce che le persone e le società statunitensi non possono corrompere funzionari stranieri per ottenere o mantenere rapporti commerciali.
La legge è stata però sospesa senza preavviso lo scorso 10 febbraio da un ordine esecutivo firmato dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Gli studiosi ne hanno quindi approfittato per analizzare in che modo questo cambiamento nelle politiche anticorruzione ha influito su 261 aziende quotate in borsa negli USA che in passato sono state indagate o sanzionate per violazione del Foreign Corrupt Practice Act. L’andamento sui mercati di queste aziende è stato comparato con quello di 236 aziende paragonabili che però non sono mai state sottoposte a indagini per violazione della norma anticorruzione.
“Il presidente Trump ha giustificato la sua decisione di sospendere il Foreign Corrupt Practice Act sostenendo che questa legge sia un ostacolo per le aziende multinazionali statunitensi rispetto alle loro concorrenti nel resto del mondo”, spiega il professor Picci. “Se questo fosse vero, però, tutte le aziende multinazionali statunitensi avrebbero dovuto trarre vantaggio dalla decisione dell’amministrazione USA; i nostri dati mostrano invece che la sospensione del FCPA ha avvantaggiato in modo sproporzionato le imprese già coinvolte in casi di corruzione all’estero rispetto a quelle che non sono mai state sottoposte a indagini”.
Nel giorno in cui è stato siglato l’ordine esecutivo di sospensione del Foreign Corrupt Practice Act, il 10 febbraio scorso, gli studiosi hanno calcolato un aumento medio di 160 milioni di dollari nella capitalizzazione delle imprese già coinvolte in casi di corruzione all’estero. Una cifra comparabile con la sanzione media subita dalle imprese che sono state condannate in passato per violazione della legge anticorruzione.
Quel giorno, il guadagno complessivo per le imprese considerate è stato di circa 39 miliardi di dollari, con singole multinazionali coinvolte in passato in casi di corruzione che hanno registrato aumenti di capitalizzazione nell’ordine dei miliardi di dollari: cifre che superano le più consistenti multe mai assegnate per violazioni del FCPA.
“Gli investitori hanno interpretato questa decisione dell’amministrazione statunitense come un segnale del fatto che puntare su queste aziende è diventato meno rischioso e più vantaggioso nel breve termine”, conferma Picci. “Questo ha generato aumenti significativi nella capitalizzazione delle imprese che erano più a rischio di rimanere coinvolte in indagini per violazione della legge anticorruzione e ha generato di conseguenza grandi ritorni per gli investitori”.
Gli studiosi sottolineano che le conseguenze della sospensione di questa legge non si fermano soltanto al contesto statunitense, perché potrebbero portare altri paesi a ridurre a loro volta gli sforzi nella lotta alla corruzione internazionale.
Tra il 2000 e il 2018 più della metà di tutti i casi giudiziari anticorruzione che hanno coinvolto imprese a livello mondiale sono stati portati avanti dalle autorità degli Stati Uniti. E un quarto di tutti i casi è stato avviato dagli Stati Uniti nei confronti di aziende che non erano statunitensi. Questa forte azione di contrasto alla corruzione ha portato anche gli altri paesi a rafforzare e aumentare la loro attività di controllo. Il rischio, ora, è che il cambio di direzione degli Stati Uniti porti a una riduzione complessiva dell’impegno anticorruzione a livello globale.
“Quando ci sono regolamentazioni e controlli rigorosi, i mercati possono essere indirizzati verso investimenti meno rischiosi e più vantaggiosi a livello sociale”, commenta Picci. “Ma quando le regolamentazioni vengono sospese, questo effetto positivo rischia di interrompersi, perché gli investitori potrebbero non essere più disincentivati a puntare su imprese che non rispettano le norme”.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista International Organization con il titolo “Making Bribery Profitable Again? The Market Effect of Halting Extratteritorial Accountability for Overseas Bribery”. Gli autori sono: Lorenzo Crippa (University of Strathclyde), Edmund J. Malesky (Duke University) e Lucio Picci (Università di Bologna).

