“La riforma dei criteri sui territori montani rischia di dare il colpo di grazia a territori che stanno combattendo ogni giorno per la sopravvivenza o, quando va bene, per invertire la tendenza dell’abbandono e dello spopolamento. Al governo dico fermatevi, perché – anche storicamente – nel nostro Paese la montagna non identifica solo le Alpi, ma attraversa gran parte del territorio nazionale con la dorsale appenninica. Questo territori presentano situazioni diverse, difficilmente unificabili in un criterio puramente geografico come l’altimetria e la pendenza, ma allo stesso tempo condividono condizioni simili sotto tanti aspetti: sociali, infrastrutturali, economiche, sanitarie e così via.
Nel territorio bolognese siamo impegnati con determinazione, insieme ai Comuni e alle comunità del nostro Appennino, per valorizzare queste aree. Ci sono segnali di forte difficoltà per importanti aziende manifatturiere, che rappresentano un presidio insostituibile, che deve essere affiancato da altre filiere, ma che non può essere abbandonato a se stesso. In questi anni abbiamo garantito come Città metropolitana un presidio politico-amministrativo importante, che ha consentito di fare scelte insieme ai comuni montani del nostro territorio: dai principali importanti investimenti pubblici che hanno portato risorse per aiutarci a trasformare alcune aree; a iniziative per rafforzare servizi e animazione delle comunità, perché sappiamo bene che non bastano solo le grandi opere, ma vanno costruite e garantite azioni di accompagnamento ai processi di trasformazione e di sviluppo. Ci sono criticità, quindi, ma anche segnali positivi in diversi casi: nuovi abitanti, nuove imprese, tanta vivacità culturale, che testimonia l’esistenza di una comunità.
Una parte significativa delle risorse pubbliche investite in questo momento sono di carattere locale, tra fondi metropolitani e regionali; inoltre, grazie alla capacità del nostro Appennino di progettare lo sviluppo, i Comuni e le Unioni dell’Appennino, supportati dalla Città metropolitana, sono riusciti a vincere diversi bandi competitivi del PNRR.
Ci aspetteremmo, quindi, un impegno maggiore e strutturale dallo Stato centrale per sostenere e rilanciare questi territori, non una loro penalizzazione. Questi territori non smetteranno di essere fragili solo perché non li chiamiamo più “montagna”. Bisogna, invece, sostenere questi processi, perché anche quando presentano elementi positivi, sono spesso fragili.
La montagna non è solo un concetto geografico, ma anche e sopratutto, sociale e culturale. Per qualche decina di metri potrebbero cambiare aspetti fondamentali come l’accesso ai fondi e a politiche di sostegno, che riteniamo fondamentali. Inoltre, spezzare il territorio in divisioni amministrative artificiose potrebbe avere effetti negativi anche sulle politiche contro il dissesto idrogeologico, che interessa gran parte del Paese nei territori montani, da Nord a Sud.
Per questo dico: il Governo si fermi, non si calino dall’alto definizioni che possono cambiare le opportunità di vita e benessere di intere comunità”.

