Affitti brevi, Confabitare contro la legge regionale: “colpisce i proprietari, non risolve l’emergenza abitativa”

Affitti brevi, Confabitare contro la legge regionale: “colpisce i proprietari, non risolve l’emergenza abitativa”



Confabitare, associazione proprietari immobiliari, esprime una posizione di netta contrarietà alla legge regionale sugli affitti brevi, “una norma che interviene su un fenomeno già in calo e non affronta le vere cause dell’emergenza abitativa”. Il provvedimento affida ai Comuni un potere molto ampio, consentendo di limitare o vietare la locazione breve in determinate aree, di imporre nuovi requisiti agli immobili e di incidere economicamente sui cambi di destinazione d’uso.

Secondo Confabitare non si tratta di una regolazione equilibrata, ma di una scelta che introduce incertezza e comprime il diritto di proprietà senza produrre benefici concreti. “Questa legge nasce da un presupposto sbagliato – afferma Alberto Zanni, presidente nazionale di Confabitare – cioè l’idea che riducendo gli affitti brevi le case non locate finiscano automaticamente sul mercato della locazione a lungo termine. Questo automatismo non esiste, anche perché negli ultimi anni, soprattutto nel periodo successivo al Covid, non si è lavorato per costruire un quadro normativo capace di restituire fiducia ai proprietari immobiliari nel mercato della locazione, una criticità che Confabitare denuncia da tempo”.

I dati confermano questa posizione. A Bologna gli appartamenti interi destinati agli affitti brevi sono oggi 1.444, in calo rispetto ai 1.623 di inizio anno. Anche le stanze singole diminuiscono, passando da 3.252 a 3.198. Non c’è alcuna crescita fuori controllo, ma una contrazione strutturale del fenomeno. Il patrimonio abitativo complessivo della città conta 227.232 appartamenti. Di questi, 186.328 sono abitati dai proprietari, mentre oltre 40.900 non sono prima casa. I contratti di locazione attivi sono 12.055 a canone libero e 6.527 a canone concordato. “Il dato che continua a essere ignorato in questo momento – prosegue Zanni – è quello degli alloggi sfitti. Parliamo di circa 16.000 abitazioni vuote. È lì che bisognerebbe intervenire se si vuole davvero aumentare l’offerta abitativa. In Emilia-Romagna, solo lo 0,6% degli immobili è destinato agli affitti brevi, mentre circa il 12% risulta sfitto. Colpire un fenomeno così marginale non può risolvere un problema strutturale”.

La legge introduce inoltre nuovi requisiti che rischiano di colpire anche chi oggi è perfettamente in regola. In molte città è possibile abitare legittimamente in appartamenti di 28 metri quadrati, ma per gli affitti brevi la soglia sale a 50 metri quadrati. Cioè i requisiti per fare una vacanza sono più restringenti di quelli per vivere. Questo significa che un proprietario che oggi affitta regolarmente un immobile più piccolo, conforme alle norme edilizie, potrebbe non poterlo più fare, senza alcuna possibilità concreta di adeguamento. Ancora più problematico è l’effetto retroattivo di fatto. Alcune disposizioni prevedono che un immobile già destinato alla locazione breve possa perdere questo diritto nel momento in cui viene sottoposto a interventi edilizi diversi dalla manutenzione ordinaria. “È un messaggio che va nella direzione sbagliata – osserva Zanni – chi investe per migliorare il proprio immobile e fa lavori regolarmente autorizzati, rischia di perdere un diritto che aveva prima della legge. Così si disincentiva la manutenzione e la tutela del patrimonio immobiliare”.

“Dopo il lungo blocco degli sfratti del 2020 – aggiunge Zanni –  sarebbe stato necessario ricostruire fiducia nei proprietari immobiliari, garantire stabilità e regole chiare. Questa legge fa l’opposto. Introduce nuove incertezze proprio per chi dovrebbe investire nel mercato della locazione. A essere colpiti sono i piccoli investitori, quelli che acquistano un appartamento simulando la rata del mutuo basata sulle entrate previste dalle locazioni”.

Governare le città non significa punire ciò che è visibile, ma anticipare ciò che è prevedibile. Il potenziamento dell’aeroporto Marconi e l’aumento del turismo low cost non sono eventi improvvisi. Da anni era chiaro che avrebbero inciso sul mercato immobiliare (e non solo) e modificato il centro storico di Bologna. Intervenire oggi sugli affitti brevi, che sono uno degli effetti di questo processo, come se fossero la causa principale della crisi abitativa significa confondere l’effetto con la causa. Il concetto di tutela e quello di cambiamento son diversi. La città è già cambiata e il mercato si è già adattato. “Simona Larghetti di AVS, principale sostenitore della legge, parla di “non snaturare” i centri storici – osserva Alberto Zanni – fa sorridere che questa narrazione venga sostenuta da una persona che vive a Bologna dal 2006 e che evidentemente non ha memoria di cosa fosse il centro storico prima di queste trasformazioni, trasformazioni che questa legge non eliminerà. Il centro storico di Bologna è cambiato radicalmente negli ultimi anni con l’arrivo del turismo low cost, adattando l’offerta commerciale alla domanda. Ora non è più abitato dai bolognesi, ma principalmente da studenti, professionisti e turisti”.

Zanni chiarisce poi un punto spesso frainteso: “In questo preciso momento di mercato, l’affitto turistico non garantisce entrate maggiori rispetto all’affitto tradizionale, anche perché spesso viene gestito da intermediari. Ciò che cambia è un altro aspetto: con la locazione turistica il proprietario riacquisisce più facilmente il diritto di possesso dell’immobile e riesce a tenerlo sotto controllo. Il vero nodo – dice Zanni – è una questione di mentalità e di paura. Se si vuole aumentare davvero l’offerta abitativa, bisogna lavorare su questo, restituendo fiducia ai proprietari. Fare finta che questo problema non esista non aiuta il mercato e non aiuta chi cerca casa”. “Oggi – conclude Zanni – la politica sta inseguendo un bersaglio già in ritirata, gli affitti brevi, mentre il mercato sta già cambiando direzione. Bisogna guardare ai dati, intervenire sugli immobili vuoti e restituire fiducia a chi investe”.