Reggio Emilia: Chiesa in lutto per la morte di don Romano Zanni



Nella Casa di preghiera dei Fratelli della Carità di Albinea si è spento questa mattina don Romano Zanni; aveva 75 anni. La notizia non è giunta purtroppo inaspettata: gravemente malato da alcuni anni, il sacerdote aveva intrapreso su sua richiesta l’ultimo tratto della sua salita al Calvario con il conforto dei sacramenti – l’Unzione degli infermi e la santa Comunione – e delle cure palliative.

Si spegne un faro della carità e della missione, uno dei sacerdoti più amati dal popolo di Dio reggiano-guastallese. Per comprendere al meglio la sua figura, è necessario presentarne la singolare “genealogia sacerdotale”.

Romano Zanni nasce il 31 luglio 1945 a Castellazzo (Reggio Emilia) da Giacomo e Bruna Brighenti. Giacomo, mezzadro, ha ben quindici fratelli, tra i più noti dei quali vi sono padre Leone (1897-1975) –  ex combattente della Grande Guerra, esempio quasi leggendario di missionario comboniano – e don Artemio (1914-1990), il quale già dal seminario decide di essere prete diocesano, ma con uno spirito missionario come il fratello; don Artemio fu parroco nel 1945 a Felina dopo l’uccisione di don Giuseppe Iemmi, fondatore di “Casa Nostra”, missionario con don Mario Prandi e don Dino Torreggiani.

Come padre Leone e don Artemio avevano scelta la via del sacerdozio sulle orme dello zio don Antonio Zanni (1870-1938), così anche quattro loro nipoti scelgono sul loro esempio il sacerdozio e le missioni: i fratelli don Eleuterio e padre Giancarlo Anceschi, padre Umberto Davoli e don Romano; va ricordata anche la sorella Rosanna, carmelitana minore della Carità.

Romano trascorre un’infanzia e una gioventù serene. Già maggiorenne si fidanza con una ragazza della montagna e, le volte che sale per trovarla, si ferma dallo zio don Artemio; intanto però matura la svolta decisiva della sua vita e grazie all’incontro con don Mario Prandi mette a fuoco le sue aspirazioni più profonde. Fra il 1971 e il 1972 trascorre alcuni mesi presso don Artemio coadiuvandolo nella gestione di “Casa Nostra”. Nel frattempo don Artemio, dopo un lungo viaggio in India nella prima metà del 1969 presso la dottoressa Bianca Morelli, decide di impegnarsi a costruire un lebbrosario per gli hanseniani degli “slums” di Bombay: con le Suore dell’Immacolata si accorda di finanziare l’impresa, che sarà gestita dalla religiose. Nel settembre 1972 Romano entra fra i primi Fratelli della Carità; subito dopo, d’accordo con lo zio e con don Prandi, che già intravede una nuova apertura missionaria, si reca in India presso i missionari del PIME di Eluru, nell’Andra Pradesh, collabora con il lebbrosario locale e dà prova di saper fare di tutto, dal meccanico al fabbro, al falegname, al cuoco. Nel novembre 1973 Romano si trasferisce a Bombay (oggi Mumbai, stato del Maharashtra) in aiuto a suor Luigina, contribuendo all’avvio dei lavori, ma pochi mesi dopo deve rientrare a Reggio per scadenza del visto turistico. Un ‘buco’ temporale (1974-1977) nelle sue lettere non permette di precisare quando Romano ritorna in India; vi arriva stavolta con il permesso di soggiorno grazie a un diploma di terapeuta leprologo; collabora più che attivamente con le Suore dell’Immacolata nell’attuazione del piano sanitario quinquennale (1975-1980) denominato “Zona Kappa”. Il lebbrosario è inaugurato il 17 e 18 novembre 1977, presente una delegazione guidata dal vescovo Baroni. Il 30 aprile 1978 don Mario Prandi parte da Reggio per andare in India a concludere le trattative per aprirvi una Casa della Carità, accanto al lebbrosario di Versova: sarà il cuore della missione reggiana. Grazie alle esperienze precedenti, in due anni fratel Romano costruisce la prima Casa della Carità in India, inaugurata il 24 giugno 1980.

Il 13 aprile 1981 fratel Romano e don Prandi vanno ad incontrare Madre Teresa a Calcutta per una visita di due giorni, da cui usciranno corroborati sia la storia delle “Case” in India, sia la vocazione presbiterale di Romano. In effetti, terminato il decennale soggiorno indiano, Baroni lo “chiama” a diventare sacerdote. Romano, pur continuando la vita di Fratello della Carità, dedica alcuni anni allo studio del latino e alla formazione teologica, mentre è evidentemente avanti sulla preparazione pastorale.

Il 27 giugno 1987, a soli nove mesi dalla morte di don Mario Prandi (10 ottobre 1986), Zanni riceve l’ordinazione sacerdotale. Subito viene destinato come parroco a Fontanaluccia (1987-1999, con la successiva aggiunta di Romanoro e Rovolo, dal 1992, e di Morsiano dal 1993). Don Romano è anche l’immediato successore – dal 15 ottobre 1987 – di don Prandi come Superiore della Congregazione Mariana delle Case della Carità. È lui, insieme a suor Maria Giubbarelli, a ricevere il decreto di approvazione della stessa Congregazione. Sarà nuovamente Superiore dal 2005 al 2014.

Dopo l’esperienza in montagna, don Zanni diventa parroco in città, a San Luigi, dal 1999 al 2006. Nel 2000 il vescovo Caprioli lo nomina direttore della Caritas diocesana, fino al 2005, quindi Delegato vescovile della Caritas (2005-2018).

Durante l’episcopato di monsignor Camisasca don Romano è stato Vicario episcopale per la Carità e le Missioni dal 2013 al 2018, direttore del Centro Missionario Diocesano dal 2014 al 2017 e Superiore dei Fratelli della Carità dal 2014. Era inoltre canonico del Capitolo della Cattedrale (dal 2018) e assistente spirituale dell’Istituto Diocesano di Musica e Liturgia “Don Luigi Guglielmi”.

Quanti hanno conosciuto don Zanni o ascoltato le sue conferenze ne conservano l’immagine vivida di un prete che ha connotato il suo quotidiano progetto di vita con il motto “Caritas Christi urget nos” e ne aveva fatto la sostanza dei suoi giorni, in una serenità che comunicava fede e speranza.

CORDOGLIO DEL SINDACO LUCA VECCHI

Desidero ricordare don Romano Zanni con grande stima e riconoscenza. Reggio Emilia, la sua città, gli deve tantissimo, come persona e come testimone del bene comune, che ha interpretato in maniera autentica nella Congregazione mariana delle Case della carità, sulle orme del suo fondatore, l’indimenticabile don Mario Prandi.

Dire Case della carità, significa dire Mensa condivisa con chiunque abbia fame materiale e spirituale, e significa dire Poveri, categoria a cui tutti apparteniamo con la nostra fragilità. La testimonianza di don Romano è stata in questo senso veramente universale, aperta a tutti, prossima a tutti, ovunque.

Per avere la certezza di includere tutti, serve partire dagli ultimi. E don Romano è stato questo, in ogni incarico e compito ricoperto nella sua vita.

Da oggi in poi, portiamo con noi il ricordo di don Romano, la sua solidità, il suo rigore che non ha mai escluso il dialogo e la prontezza creativa, la sua giovialità contagiosa e schietta, la sua umanità e il suo coraggio. E’ stato un uomo di fede, perché ha creduto e ha realizzato il suo credo concretamente, mettendoci tutto se stesso.

La comunità reggiana porta il segno profondo di giustizia, solidarietà, servizio e cura, che don Romano e le Case hanno lasciato e lasciano nella carne viva delle persone e nella Diocesi di Reggio Emilia-Guastalla ogni giorno, come costruttori silenziosi e semplici di vera pace.

A nome dell’Amministrazione comunale, mi unisco al cordoglio della Diocesi, della Congregazione delle Case della carità e di quanti – tantissimi – hanno conosciuto don Romano.

(Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia)

Nelle giornate del 12 e del 13 maggio la salma di don Romano Zanni sarà visitabile nella chiesa della Pieve di Albinea. Qui giovedì alle ore 20 sarà recitato il santo Rosario.

La mattina di venerdì 14 maggio il feretro sarà trasferito nella Cattedrale di Reggio Emilia; alle ore 9 sarà recitato il Rosario e alle ore 16 il vescovo Massimo Camisasca presiederà la Celebrazione delle esequie. La liturgia verrà trasmessa in diretta a cura del Centro diocesano Comunicazioni sociali e si potrà seguire in streaming sul canale YouTube La Libertà Tv e sulla pagina Facebook del settimanale.

La salma di don Romano sarà tumulata nel cimitero di Fontanaluccia.